colore digitale blog

Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

Nella serie Fotometria e colorimetria

Incostanza del colore (color inconstancy)


Cos’è l’incostanza di colore

Il colore di un corpo opaco dipende:

  • dalla superficie del corpo stesso (cioè dal suo fattore di riflessione spettrale);
  • dall’illuminante sotto il quale il corpo viene visto (cioè dalla distribuzione spettrale dell’illuminante);
  • dall’osservatore (cioè dalle sensibilità spettrali dei  fotorecettori, i coni della retina, dell’osservatore).

Fissato l’osservatore e la superficie, il colore dipende dunque dalla illuminazione. Illuminazioni diverse danno luogo a stimoli di colore diversi. Per esempio consideriamo un corpo che ha questa riflessione spettrale:

Sotto illuminanti diversi, rispettivamente D65 (luce del giorno) e A (luce ad incandescenza), si formano due colori diversi che hanno le seguenti coordinate colorimetriche (CIE XYZ e CIELAB):

 

e appaiono rispettivamente più o meno così:

 

In questo caso la tinta rimane più o meno la stessa ma aumenta la chiarezza e la croma.

In generale una fissata superficie, per un fissato osservatore, sotto illuminanti diversi cambia colore. Può cambiare di tanto o di poco, e questo fenomeno è detto incostanza del colore (color inconstancy).

L’incostanza di colore riguarda un singolo campione superficiale e ha effetti importanti in molte applicazioni. Per esempio gli inchiostri e i supporti delle stampanti a getto dovrebbero idealmente avere un  basso indice di incostanza, perché una stampa di quel tipo viene vista in pratica sotto illuminanti diversi. In generale, se un colorante (e/o un supporto) può essere realizzato a partire da ricette diverse, la ricetta migliore è quella che minimizza l’incostanza.

L’incostanza di colore viene spesso confusa con il metamerismo, ma questi due fenomeni (incostanza e metamerismo) sono diversi e non sono in relazione tra di loro. La principale differenza è che il metamerismo riguarda due superfici, l’incostanza di colore una singola superficie. Quindi minimizzare l’incostanza non ha nessuna relazione con la minimizzazione del metamerismo.


Misura della incostanza del colore

Un “indice di incostanza del colore” (color inconstancy index) valuta la modifica del colore  quando cambia l’illuminante, in altre parole la “robustezza” al cambio di illuminante. Ovviamente l’indice è 0 quando il campione non cambia colore al cambiare dell’illuminante.

Sono stati proposti nel tempo diversi metodi per calcolare ed esprimere l’incostanza di un colore mediante un indice: CMCCON97, CMCCON02, CII.

L’algoritmo per una metrica della incostanza di colore è questo:

  1. Si calcolano i valori di tristimolo XYZ della superficie sotto i due illuminanti, per un dato osservatore.
  2. Si trasformano con una CAT (chromatic adaptation transform) i due valori in uno spazio uniforme (Lab, Luv, per esempio con illuminante D65).
  3. Si calcola la differenza di colore, con una delle formule disponibili.

Vanno specificati:

  • l’osservatore usato;
  • lo spazio uniforme usato (Lab, Luv);
  • la CAT usata;
  • l’illuminante standard usato;
  • la formula di differenza colore usata.

Quindi l’indice CII dipende, oltre che dal fattore di riflessione e dall’illuminante dei campione di riferimento, anche dai precedenti parametri. Inoltre va osservato che questo indice non tiene conto di quanto il cambio di illuminante viene percepito da un osservatore.

Nell’utility SpectraShop di Robin Myers (qui sotto due screenshot di una finestra della versione 2) il campione di riferimento è calcolato sotto illuminante D65 (luce del giorno). (Nota importante: i colori visualizzati ciano, giallo e gli altri sono solo indicativi.)

Nell’esempio qui sotto a sinistra il campione di riferimento è un inchiostro tipografico ciano su una carta patinata, lo spazio uniforme è CIELAB e la formula di differenza colore è quella del 1976.

  

Per il ciano, andando da illuminante D65 (luce del giorno) a illuminante A (luce ad incandescenza) il CII è molto elevato: circa 21; andando da D65 a D65 ovviamente è 0 (0,01 è un errore di arrotondamento); andando da D65 a F2 (lampada fluorescente) è circa 12.

A destra il giallo (un inchiostro Pantone) invece ha indici di incostanza minori.

Minimizzare l’incostanza di colore è una pratica comune in molte industrie, per esempio in quella tessile. Quando Benetton produce una maglietta nuova prova tutti i coloranti possibili per produrre quel colore e poi prende quello che minimizza l’indice di incostanza. Così il colore della maglietta è più o meno sempre lo stesso: sotto il sole, dentro casa, all’ombra, d’estate, d’inverno ecc.

C’è infine da dire che il sistema visivo umano ha un proprio meccanismo di adattamento cromatico, per cui queste differenze possono essere considerate quelle iniziali, che vengono successivamente e parzialmente annullate da questo meccanismo.


Riferimenti

R.W.G. Hunt Measuring Colour (The Wiley-IS&T Series in Imaging Science and Technology) 3ª ed. Fountain Press, 1998. Il paragrafo 6.14 descrive l’indice di incostanza denominato CMCCON97 proposto da Luo e Hunt.

Color Inconstancy HunterLab Applications Note, vol. 12, n. 11, PDF

Metamerism and Color Inconstancy in Chromatic Notes

 

Visitato 276 volte, negli ultimi 7 giorni 1 visite

Torna all'indice di Fotometria e colorimetria

Mauro Boscarol

22/10/2008 alle 22:49

Parole chiave , , ,

Visitato 276 volte, negli ultimi 7 giorni 1 visite

Vuoi fare un commento a questo post?

Devi essere collegato per scrivere un commento.