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Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

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Colore in fotografia digitale

Ricostruzione della scena: rumore

Se si cattura un’area uniforme con un sensore non ci sarà una risposta uniforme, ma una risposta media con qualche termine di errore detto rumore. Analogamente, la risposta del sensore alla stessa scena ugualmente illuminata, potrà essere diversa in tempi diversi.

Il rumore in una immagine scattata con una fotocamera ha diverse origini:

  • l’arrivo casuale dei fotoni;
  • il CCD stesso;
  • l’amplificatore;
  • il convertitore analogico/digitale;
  • le interferenze elettriche;
  • l’elaborazione del segnale.


Photon noise (causato dall’arrivo casuale di fotoni)

Chiamato anche photonic noise, o noise from photon statistics.

È una caratteristica della luce ed è provocato dall’arrivo casuale dei fotoni. Ogni fotone è un evento indipendente e il suo arrivo non può essere precisamente previsto, ma solo in termini di probabilità. Su una data area del sensore arriva in media un certo numero di fotoni al secondo (flusso di fotoni), ma ci sono fluttuazioni attorno a questa media. La legge statistica che governa queste fluttuazioni è detta distribuzione di Poisson e questo tipo di rumore è anche detto Poisson noise.

Questo per esempio è il photon shot noise di un cielo azzurro sul canale del verde (tratto da Emil Martinec):

Photon shot noise

Le fluttuazioni nel numero di fotoni da pixel a pixel è completamente scorrelata. Questo rumore è un “rumore bianco” (cioè non ha periodicità e ha ampiezza costante su tutte le frequenze spaziali).

Il photon shot noise appare maggiormente quando i fotoni in arrivo sono pochi; si può ridurre aumentando il numero di fotoni in arrivo con una esposizione più lunga.

Tipicamente questo tipo di rumore viene trattato dal Raw converter.


Sensor read noise (causato dal CCD stesso)

Idealmente i numeri digitali registrati come dati Raw sono proporzionali al numero di fotoni che ha raggiunto quel photosite. In realtà i numeri Raw non sono esattamente proporzionali perché i circuiti elettronici di lettura e conversione hanno delle fluttuazioni.

Questo rumore è una caratteristica del sensore, è indipendente dall’esposizione e determina il rumore di base del sensore e con la charge capacity determina il range dinamico del sensore (rapporto tra charge capacity e read-out noise).

Tipicamente viene rimosso nell’hardware della fotocamera, prima della conversione del segnale analogico in digitale.


Fixed pattern noise (causato dal CCD stesso)

Questo rumore è dovuto alle diverse sensibilità dei pixel, causate per esempio dal diverso spessore del filtro, differenze di amplificazione, pixel morti. È sempre lo stesso, costante nel tempo per ogni scatto e si può determinare e rimuovere con calibration frame che può essere contenuto nel firmware della fotocamera.


Dark current (causato dal CCD stesso)

Il rumore dark current o black current o thermal black o zero light deriva dall’eccitazione del sensore non causata dai fotoni, ma da altre cause, per esempio dall’energia termica (calore) che produce elettroni che non derivano dall’incidenza dei fotoni, e che aumentano l’intensità del segnale.

Si è visto che la dark current raddoppia all’incirca ogni aumento di 5000 kelvin e aumenta con l’aumentare del tempo di esposizione. Quindi un metodo di rimozione parziale della dark current consiste nel raffreddare il sensore.

La dark current si può sottrarre mediante dark frames catturate senza esporre il sensore, per esempio con il tappo dell’obiettivo montato, nelle effettive condizioni di ripresa (tempo di esposizione e temperatura del sensore). La media delle dark frames si sottrae dalla immagine.

Alternativamente può essere misurata direttamente dal sensore, se ha i pixel del bordo coperti con metallo. Viene fatta la media dei valori di questi pixel e questa dark current media viene sottratta dai dati raw dell’immagine.

Tipicamente viene registrato nel file Raw e trattato dal Raw converter (per esempio DNG lo registra nel tag BlackLevel).


Compensare il flare ottico

Il flare ottico è l’illuminamento indesiderato e relativamente uniforme che si verifica nel piano dell’immagine di un sistema ottico, causato dalla dispersione e riflessione di una parte dell’illuminamento che arriva al sistema attraverso il diaframma. In generale si tratta di circa il 4% dell’illuminamento complessivo (dipende dalle caratteristiche della fotocamera) e non è eliminabile a priori. Le immagini qui sotto sono tratte da slide di Sabine Süsstrunk).

(Esiste anche un flare di lente che dà luogo a riflessioni interne consistenti nell’ingresso di luce che non fa parte dell’immagine, luce che proviene dall’esterno della scena e che in parte viene portata sul sensore. Appare come un riflesso che occupa solo una zona dell’immagine (non è uniforme sull’immagine). Questo tipo di flare si può contrastare a priori con un sistema di lenti adatto o con un paraluce.)

Mauro Boscarol

23/8/2008 alle 19:30

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