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Appunti di storia del colore

Come si misurano le sensazioni?

Il colore è una sensazione che origina da uno stimolo fisico. Lo stimolo fisico è oggettivamente misurabile, ma il concetto di misurabilità per una sensazione, che è un fatto psicologico, è più complesso.

Uno dei problemi chiave della psicologia (intesa come studio dei meccanismi mentali) alla sua nascita era la misurazione dei fatti psichici, cioè l’individuazione di una relazione tra intensità dello stimolo fisico e intensità della sensazione. Una scala di sensazioni esisteva già in epoca ellenistica, ed era la scala della brillanza delle stelle, stabilita dall’astronomo Ipparco di Nicea (190-120 a.C.) attorno al 150 a.C. La brillanza è la quantità di luce percepita.

Il metodo di Ipparco è stato poi ripreso da Claudio Tolomeo nell’Almagesto, dove per ogni stella è indicata la latitudine, la longitudine e appunto la brillanza, indicata con un numero da 1 a 6, essendo 1 assegnato alle stelle di massima brillanza e 6 a quelle di minima brillanza. I numeri dunque esprimono l’intensità della sensazione (un fatto psichico) che ovviamente è in una qualche relazione con l’intensità luminosa (un fatto fisico).


Ernst Heinrich Weber

La scienza moderna che studia la relazione tra intensità della sensazione e intensità dello stimolo fisico si chiama psicofisica, ed è stata fondata nell’Ottocento da Ernst Heinrich Weber (1795-1878). Nel 1834 Weber aveva trovato che se si presenta ad un soggetto uno stimolo fisico di intensità R e si determina di quanto questo stimolo debba essere fatto variare affinché il soggetto percepisca la variazione, la differenza appena percepibile (∆R) non è costante, ma dipende dal valore iniziale di R; invece il rapporto k  tra ∆R e R è costante (costante di Weber).

La legge di Weber spiega perché, se devo tenere in mano un chilo di zucchero, l’aggiunta di un altro chilo si fa sentire, ma se devo tenerne 10 chili, l’aggiunta di un altro chilo è molto meno rilevante. Spiega anche perché di giorno non si vedono le stelle. Di notte la luce delle stelle rappresenta un certo incremento di intensità su quella del cielo. Di giorno lo stesso incremento, si aggiunge ad una intensità del cielo molto più grande.


Gustav Theodore Fechner

Successivamente, lo studio della psicofisica è stato affrontato da un altro tedesco, Gustav Theodore Fechner (1801-1887). Fechner, professore di fisica a Lipsia dal 1834 al 1839 e studioso del colore e della visione, fu colpito da una grave malattia che lo rese temporaneamente cieco. Dopo la ripresa si dedicò alla studio della mente e della sua relazione con il corpo. Nel 1860 pubblicò il trattato Elemente der Psychophysik la sua opera principale che ne fece uno dei fondatori della moderna psicologia sperimentale.

Fechner modifica la relazione di Weber, sostituendo la sensazione  E allo stimolo fisico R e considerando una scala continua invece che  discreta; in tal caso  la sensazione aumenta secondo il logaritmo dell’intensità dello stimolo. Le sensazioni dunque possono essere messe in relazione matematica con gli stimoli, e quindi possono essere misurate.

Secondo la legge di Fechner la nostra sensibilità diminuisce all’aumentare dell’intensità dello stimolo fisico. Ancora oggi la scala più usata per l’intensità del suono, la scala dei decibel (dB), è una scala logaritmica basata sulla legge di Fechner.

In realtà la forma logaritmica non è valida per tutte le sensazioni, anche se l’andamento generale è proprio quello descritto da Fechner. Tratto da [3] pag. 9:

Egli [Fechner] si trovò di fronte a due alternative; poteva assumere che a rapporti uguali di stimoli corrispondono

  1. differenze uguali di sensazioni, oppure
  2. rapporti uguali di sensazioni.

La scelta di Fechner in favore delle differenze sensoriali … risultò essere sostanzialmente indiretta e davvero confusa … Quella che ora appare essere la più ovvia delle verità (che rapporti di stimoli generano rapporti di sensazioni) cominciò ad affermarsi formalmente nella psicofisica verso la metà del ventesimo secolo.


Joseph Plateau

In uno studio classico del 1872, il fisico belga Joseph Plateau (1801-1883) scrive di aver dato un paio di dischi, uno dipinto di bianco, l’altro di nero ad ognuno di otto pittori chiedendo di ritornare ai loro rispettivi studi e dipingere un disco grigio a metà strada tra i due. Nonostante le diverse condizioni di illuminazione, i dischi grigi che gli otto pittori riconsegnarono a Plateau erano praticamente identici. Infatti in una scala uniforme i vari livelli di grigio che vanno da bianco a nero, fissato il numero, sono sempre gli stessi, indipendentemente dall’illuminazione.

Poiché è noto che l’illuminazione ambientale non influenza il rapporto fra le quantità delle luci riflesse da due superfici, da questa osservazione egli concluse che il rapporto  1/2 rimane costante se il rapporto fra le corrispondenti quantità di luce riflesse dalle superfici rimane costante. Sulla base di questa conclusione, Plateau derivò una legge psicofisica che viene oggi chiamata anche legge di Stevens per riconoscere il lavoro di Stevens (1975), nella ricerca di prove empiriche della legge di Plateau. [2]

Affascinato dalla persistenza delle immagini sulla retina, realizzò nel 1843 un esperimento durante il quale fissò il sole in maniera diretta per 25 secondi. La conseguenza di questo esperimento fu la perdita della vista.


Stanley Smith Stevens

Negli anni Sessanta del Novecento lo psicologo statunitense Stanley Smith Stevens (1906-1973) affrontò il problema della mancanza di generalità della legge di Fechner cercando di calcolarla per più di 30 tipi diversi di percezione e arrivando alla cosiddetta Stevens power law, che può essere usata per molti fenomeni percettivi. Nel campo del colore questa legge è usata per mettere in relazione il valore di tristimolo XYZ e la chiarezza e la croma nel sistema CIELAB.

Colorimetria e fotometria sono due settori della psicofisica che studiano rispettivamente (a) la sensazione di brillanza o chiarezza e (b) la sensazione di colore che comprende quelle di brillanza o chiarezza, e aggiunge quelle di tinta e pienezza o croma).

 

[1] Mark D. Fairchild Color Appearance Models Wiley 1998 (capitolo “Psychophysics”)

[2] Stanley Smith Stevens Psychophysics: introduction to its perceptual, neural, and social prospects 1975 (Google Books)

[3] Frank A. Geldard Psicofisiologia degli organi di senso Martello 1972

 

Mauro Boscarol

3/9/2011 alle 15:39