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Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

Nella serie Sensazione e percezione del colore

La tinta di un colore


Cos’è la tinta di un colore

Spesso, nel linguaggio comune, quando si dice “colore” si intende la caratteristica che nel linguaggio tecnico si chiama tinta (inglese hue, francese teinte, tedesco Buntton).

Il termine “tonalità” talvolta usato come sinonimo di “tinta” ma tecnicamente non è sinonimo. “Tonalità” ha eventualmente a che fare con la “chiarezza” ma non ha niente a che fare con la “tinta” (per esempio in fotografia le “correzioni tonali” sono correzioni di chiarezza, non di tinta).

La tinta di un colore, viene indicata con i nomi rosso, giallo, verde, blu, viola, e tanti altri che si trovano nel vocabolario italiano, e che sono decine e forse centinaia. Pochi comunque rispetto alle tinte che si potrebbero specificare numericamente con le tecniche colorimetriche. E questo corrisponde al fatto che, nel linguaggio comune, quando diciamo “rosso” ci riferiamo non ad un singola tinta ma ad un gruppo di tinte (ed eventualmente ad un gruppo di chiarezze e di croma).

Il pittore tedesco Josef Albers scrive in Interazione del colore. Esercizi per imparare a vedere:

Se si dice “rosso” … e ci sono cinquanta persone che ascoltano, ci si può tranquillamente aspettare che abbiano in mente cinquanta tipi di rosso. E si può essere sicuri che tutti questi rossi saranno molto diversi.
Benché i colori siano innumerevoli, …, nel vocabolario corrente vengono usati solo una trentina di nomi di colori.

Questi quattro quadrati hanno tinte diverse.

Questi quattro quadrati hanno la stessa tinta (cambiano chiarezza e/o croma):

La definizione di tinta nell’International Lighting Vocabulary è: l’attributo di una sensazione visiva secondo il quale un’area appare essere simile ad uno dei colori percepiti rosso, giallo, verde e blu (queste sono le quattro tinte uniche, vedi più sotto), oppure ad una combinazione di due di loro (cioè una tinta binaria, vedi più sotto).

La tinta si può giudicare per tutti i colori, sia per quelli isolati che per quelli non isolati e in tutti i modi dell’apparenza.

Nel solido di Munsell (che contiene stimoli di colore che riflettono la luce, quindi appaiono in modo superficie) ogni foglio rappresenta una tinta diversa.


Tinte uniche

Tra tutte le tinte che il sistema visivo umano può distinguere ce ne sono solo quattro che non vengono percepite dalla maggior parte delle persone come mescolanza di altre tinte: si tratta del rosso, del giallo, del verde e del blu ognuna delle quali è una tinta unica o elementare o unitaria (unique hue).

La definizione di tinta unica nell’ International Lighting Vocabulary: tinta che che non può essere descritta usando nomi diversi dal suo stesso nome.



Tinte binarie

Una tinta diversa dalle tinte uniche è detta tinta binaria (binary hue) e viene percepita come mescolanza di due tinte uniche adiacenti, cioè come mescolanza di una delle seguenti coppie:

  • rosso e giallo: per esempio arancio, ocra;
  • giallo e verde: per esempio limone, muschio, glauco;
  • verde e blu: per esempio smeraldo, turchese, zaffiro;
  • blu e rosso: per esempio viola, magenta, malva.

La definizione di tinta binaria nell’ International Lighting Vocabulary è: tinta che può essere descritta come combinazione di due tinte uniche. Per esempio arancio è un rosso giallastro o giallo rossastro, violetto è un blu rossastro, ecc.

In figura, tra ogni coppia di tinte uniche adiacenti sono inserite alcune tinte binarie per le quali il lettore può impegnarsi a cercare un nome. Ci sono innumerevoli tinte binarie, in ognuna delle quali si possono riconoscere tracce di due tinte uniche adiacenti.


Tinte opponenti

La maggior parte delle persone non è in grado di immaginare un colore nel quale siano presenti entrambe le tinte uniche giallo e blu (cioè un giallo bluastro o un blu giallastro) né le tinte uniche rosso e verde, allo stesso modo in cui non è possibile immaginare un oggetto che sia contemporaneamente caldo e freddo. Si esprime questo fatto dicendo che giallo e blu costituiscono una coppia di tinte opponenti (opponent hues), e così anche rosso e verde.

Per maggiori dettagli sui processi fisiologici che generano le tinte opponenti vedi Secondo stadio della visione: da segnale tricromatico a segnale opponente.

I colori opponenti spiegano il fenomeno del contrasto successivo o afterimage. Si veda per esempio Afterimages.

Lilac chaser (inseguitore del lilla) è una cosiddetta “illusione” studiata da Jeremy Hinton che combina il contrasto successivo con altri fenomeni percettivi. Si veda per esempio il sito Visual Phenomena & Optical Illusions.


Ordinamento delle tinte

Le tinte hanno un naturale ordinamento circolare, il cui grafico viene spesso chiamato “ruota dei colori” (color wheel), ma sarebbe più corretto chiamarlo cerchio delle tinte.

Nel cerchio delle tinte si possono individuare in modo approssimato sei gruppi di tinte che risaltano in modo più evidente delle altre: il gruppo dei rossi, degli arancioni, dei gialli, dei verdi, degli azzurri e dei viola.

Questi sono i nomi di alcune tinte in inglese (tratto da AIC):


Quante tinte può distinguere l’occhio umano?

Secondo Evans An Introduction to Color del 1948, l’occhio umano distingue circa 125 tinte.
Secondo Geldard Psicofisiologia degli organi di senso del 1972 le tinte discriminabili sono 156.
Secondo Kanizsa I processi cognitivi del 1978 le tinte discriminabili sono 200-250.
Secondo Bressan Il colore della luna del 2007 le tinte differenti sono circa 150.
Secondo Fiorentini Misurare il colore del 2008, le tinte distinguibili sono circa 250.

In media possiamo dire che le tinte che l’occhio umano può distinguere sono circa 200.
In termini digitali questo numero sta in un byte.

 

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Mauro Boscarol

18/2/2011 alle 17:18

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