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Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

Nella serie Storia della sensazione del colore

1 Introduzione

Il colore, per la persona comune che non lo affronta scientificamente, è parte del suo ambiente. I colori sono dappertutto, aiutano a riconoscere gli oggetti e a decidere come comportarsi. Se il cielo è azzurro si lascia l’ombrello a casa, se le banane sono gialle si possono mangiare, se il semaforo è rosso ci si ferma. Il rapporto di una persona con il colore è il rapporto tra un soggetto vivente e gli elementi dell’ambiente in cui vive, cioè un rapporto di tipo ecologico.

Ancora, nel pensiero comune il colore appartiene alle cose, sia opache che trasparenti. Una rosa rossa ha in sé il colore rosso, una pietra verde ha in sé il colore verde. Il rosso è nella rosa, il verde è nella pietra. Dunque è legittimo dire “Questa rosa è rossa, questa pietra è verde”. Anche le luci sono colorate: la luce dell’aurora, quella dell’alba, del tramonto e del crepuscolo. La luce del sole e dell’ombra. La luce dell’arcobaleno.

Le cose stavano così anche nella prima fase del pensiero scientifico, cioè nei duemila anni che vanno da Aristotele a Newton. Il colore viene percepito, dunque arriva al nostro sistema visivo e ne siamo consapevoli, ma non appartiene al nostro sistema sensoriale. Lui, il colore, rimane sull’oggetto. È solo una sua immagine ciò che si forma nella nostra mente. Lo conferma l’etimo della parola: in latino color deriva da celare, cioè nascondere; in greco χρώμα (croma) è la superficie delle cose.

Attorno al Mille è uno scienziato arabo, Alhazen, il primo a descrivere come il colore arriva a noi. Il mondo esterno viene raffigurato sul cristallino dell’occhio e viene poi trasferito al sistema dei sensi. Qualche secolo dopo il francescano inglese Roger Bacon precisava che la raffigurazione del mondo esterno continuava nel nervo visivo e arrivava al cervello, dove dunque si formava una immagine colorata degli oggetti osservati. Ancora qualche secolo dopo Keplero descrive per la prima volta in modo completo e ancor oggi accettato il ruolo della retina nel funzionamento del sistema visivo.

Ma questo era il funzionamento del sistema visivo. Il colore continuava comunque ad appartenere agli oggetti e alle luci e nel sistema visivo dell’osservatore ne veniva creata una rappresentazione.

Siamo nel Seicento e le scoperte astronomiche e meccaniche iniziano a mettere in dubbio il pensiero degli antichi Greci e degli studiosi medievali. Si fanno avanti nuove idee anche nel campo della luce e del colore. Prima Galileo, poi Cartesio, Boyle ed altri suggeriscono che il colore sia dovuto ad un evento meccanico che incide sui nostri occhi e tramite un collegamento fisiologico produce nella nostra mente una sensazione. Galileo parla di qualità essenziali e qualità sensoriali, e il colore apparterrebbe queste ultime.

“Sensazione” è un concetto astratto  e Newton capisce molto bene che se le cose stanno così (e per lui stanno così) allora diventa molto difficile dire cosa è e dove sta il colore. Certamente non sta nei raggi di luce e non sta negli oggetti. Il filosofo John Locke, contemporaneo di Newton, distingue tra qualità primarie e qualità secondarie delle cose. Le primarie sono qualità che le cose veramente hanno e sono le qualità meccaniche e geometriche; le secondarie sono le qualità sensoriali, che si formano nella nostra mente, ma non appartengono alle cose. Il colore è una qualità sensoriale. Con Locke dunque il colore è una sensazione, non sta negli oggetti ma nella nostra mente. Questo è il punto di vista del pensiero scientifico moderno. Tecnicamente non è corretto dire “questa rosa è rossa” ma bisognerebbe dire “questa rosa mi dà la sensazione del rosso”.

La sensazione del colore si compie, nell’essere umano, in tre fasi. La prima fase riguarda la radiazione elettromagnetica visibile, la sua eventuale riflessione o trasmissione e la sua propagazione fino all’occhio umano. Questa parte appartiene all’ottica (nel senso moderno del termine). La seconda fase è quella fisiologica e riguarda l’incidenza dello stimolo fisico (la radiazione elettromagnetica) sulla superficie esterna dell’occhio e il suo propagarsi all’interno dell’occhio attraversando la cornea, l’umore acqueo, la pupilla, il cristallino, l’umore vitreo fino ad arrivare alla retina. I fotorecettori e le altre cellule della retina generano un segnale neurale che, opportunamente codificato e compresso, viene trasmesso al cervello lungo il nervo ottico. La terza fase riguarda l’elaborazione di questo segnale neurale da parte del cervello e la formazione della sensazione di colore, e questa è la fase della psicologia della percezione (chiamata “percettologia”), studiata dai cosiddetti “percettologi visionari”.

Nella scienza del colore, l’area ancora inesplorata è enorme e probabilmente molto verrà dalle scoperte neurofisiologiche. Per ora non è ancora possibile rispondere esattamente alla domanda “cos’è il colore” ma conosciamo molto, anche se non tutto, sui processi di formazione del colore, dal mondo esterno al nostro interno passando per gli organi di senso, sulle modalità di interazione dei colori tra di loro, sulle possibilità di riproduzione con mezzi diversi.

Questo libro tratta della storia del pensiero e delle teorie che fanno parte di quel corpus di discipline che gli americani chiamano color science, e che si riferisce allo studio interdisciplinare dello stimolo di colore, dell’anatomia e fisiologia dell’occhio umano, della visione e sensazione del colore e della misura della luce e del colore. Questa storia attraversa quattro grandi periodi, ai quali corrispondono le quattro parti di questo libro:

  • il periodo iniziale occupa più di 2000 anni e va dalla Grecia classica al Rinascimento passando per gli studiosi islamici del Medioevo e per la filosofia Scolastica;
  • successivamente si arriva alle fondamentali ricerche di Newton sulla luce e il colore, che hanno segnato l’inizio di una nuova epoca scientifica;
  • il terzo periodo è l’Ottocento, in cui le scoperte e le intuizioni di Newton sono state studiate, criticate, discusse, ampliate e in parte sistemate;
  • infine il quarto e più recente periodo è il Novecento, quando vengono gettate le basi della moderna colorimetria e delle sue applicazioni pratiche oggi di uso comune.

 

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Mauro Boscarol

19/11/2012 alle 14:49

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