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Storia del colore magenta

L’industria italiana dei coloranti

In Italia la prima fabbrica di coloranti e mordenti per tintoria fu fondata da Giuseppe Candiani (1830-1910).

Giuseppe Candiani (1830-1910)

Giuseppe Candiani nasce a Milano l’8 aprile 1830 da Luigi e Marianna Sacchi. Pioniere della grande industria chimica italiana e anche patriota, partecipò da studente alle cinque giornate di Milano del 1848 con la stessa verve con cui intraprese la sua avventura industriale, dopo aver conseguito la laurea in chimica presso l’Università di Pavia nel 1852.

Comincia la sua attività a Milano nel 1856, in via Bandello (allora vicolo dei Cappuccini e poi via Ochette), in un edificio che guardava verso i bastioni di quella che è oggi porta Magenta (allora porta Vercellina). In quei locali Candiani produce coloranti minerali (arsenito di rame, giallo cromo, ferrigine) necessari per la tintura della lana e della seta.

[In quella stessa zona di  Milano (via Bandello 20) oggi si trova una “casa Candiani” di interesse storico, costruita nel 1884 dall’architetto Luigi Broggi, dove ha sede la Gregotti Associati. Non so se questa “casa Candiani” sia in relazione con il vecchio stabilimento di coloranti di Giuseppe Candiani.]

Nel 1859 Candiani trasferisce la fabbrica in via Arena e poi nel 1862 in via San Calocero nella basilica allora sconsacrata di San Vincenzo in Prato. Qui rileva l’antica fabbrica di acidi del signor Fornara che a sua volta aveva continuato l’attività iniziata da Francesco Bossi nel 1800.


San Vincenzo in Prato

Si legge nelle guide di Milano che la basilica di san Vincenzo in Prato, una tra le chiese più antiche di Milano, costruita per volere del re Longobardo Desiderio su un tempio pagano, fu dismessa dal culto nel 1787 e usata dai francesi come magazzino militare, stalla e caserma.

San Vincenzo in Prato, Milano San Vincenzo in Prato

Nel 1810 viene venduta per lire 10.193 a L. Diotto e Michele (o Carlo o Francesco) Fornara (detto il Folcione), soci in una ditta produttrice di sostanze chimiche che vi impiantò un laboratorio, danneggiando gravemente la struttura e distruggendo gli affreschi quattrocenteschi che ne decoravano l’interno. Nell’Ottocento verrà chiamata la “casa del mago” per l’aspetto surreale che assunse in quegli anni. Fumi e vapori uscivano dalle finestre e dai molti comignoli contorti. L’interno era illuminato dalle caldaie su cui si trovavano storte e alambicchi.

Nel 1880 l’architetto e incisore Luigi Conconi (1852-1917) realizza un paio di acqueforti che rappresentano l’interno di questa fabbrica. La prima è  intitolata proprio “La casa del mago” (qui sotto a sinistra) e la seconda “Le streghe” (qui sotto a destra).

La casa del mago Le streghe

La basilica sarà successivamente restaurata e restituita al culto tra il 1880 e il 1890.


Candiani e Biffi

Nella nuova fabbrica Candiani comincia a produrre e a commerciare la roseina, il colorante all’anilina che produce il colore fucsia, oggi chiamato magenta, già fabbricata in Francia e Inghilterra ma poco nota in Italia. La produzione di coloranti all’anilina durerà fino al 1867.

Nel 1872 si associa con il cognato Antonio Biffi (1831-1908) nella Fabbrica acidi e prodotti chimici Candiani e Biffi. I due collaboravano già dal 1862, e Candiani aveva sposato la sorella di Biffi, Caterina. La società diventa la più importante d’Italia per la produzione di acido solforico.

http://www.archividelnovecento.it

Nel 1882 il sodalizio tra Candiani e Biffi ha termine e i due soci/cognati si separano. Biffi crea uno stabilimento per la produzione di solfato di rame e acidi minerali tra via Savona e via Tortona a Milano.

Candiani acquista un terreno alla Bovisa, nella periferia nord di Milano, tra la strada Bovisasca e i binari della ferrovia (il terreno è indicato qui sotto come ex Montecatini, immagine tratta da WikiMapia). Qui costruisce una nuova fabbrica di acido solforico che assurgerà a rinomanza internazionale.

Nel 1889 (centenario della rivoluzione francese) Candiani è giurato all’Esposizione mondiale di Parigi per la grande competenza che gli viene riconosciuta nell’industria chimica. Nel 1894 installa una fabbrica di acido solforico a Barletta e avvia la produzione di superfosfato.

http://www.archividelnovecento.it/archivinovecento

Nel 1897 Candiani dà vita alla società anonima Giuseppe Candiani  & C. gestita con i suoi due figli Attilio, ingegnere, e Ettore ( – Bergamo 1924) dottore in agraria, poi presidente dell’Associazione industriali e commercianti di Milano e fondatore nel 1907 del cosiddetto Partito Economico.

Giuseppe Candiani rimase in attività fino al 1899. La fabbrica di Barletta venne acquistata nello stesso anno dalla Società Prodotti Chimici, Colla e Concimi di Roma. Nel 1920 la Montecatini assorbirà sia la fabbrica di Barletta che la ditta Giuseppe Candiani & C.

Ritiratosi dall’industria, Candiani scrisse il libro autobiografico Memorie pubblicato da Hoepli nel 1902 e si dedicò alla fondazione della Casa dei veterani di Turate.  Nel 1907 fu tra i primi cavalieri del lavoro (l’ordine al Merito del lavoro è stato istituito nel 1901). Morì a Milano il 16 marzo 1910.  La sua città gli ha dedicato una via, nella zona della Bovisa dove era situato il suo stabilimento.

Via Giuseppe Candiani alla Bovisa

Fonti
Giuseppe Candiani Memorie Hoepli 1902
Archivio del Novecento, Accademia Nazionale delle Scienze, Fondo Cannizzaro
Prosopografia di chimici italiani di Nicoletta Nicolini (voci Candiani, Biffi)
Enciclopedia italiana Treccani (voce Candiani)
Voce Candiani, Giuseppe in Dizionario biografico degli italiani Treccani e in Treccani,it
Voce Biffi, Antonio in  Dizionario biografico degli italiani Treccani
Giorgio Nebbia “Breve storia della contestazione ecologica Quaderni di storia ecologica 4, 19-70, 1994
Giorgio Nebbia “La premiata ditta Bossi


L’industria dei coloranti in Italia

In Italia l’industria dei coloranti di sintesi non decollò e non fu mai in grado di sostenere la concorrenza straniera.  Questo comportò la scelta di sintetizzare prodotti più semplici e meno pregiati. Ciò fu possibile con l’acquisto degli intermedi sui quali le fabbriche aggiungevano poi i gruppi funzionali cromofori. La fabbricazione risultava in tal modo più semplice e le quantità lavorate non erano le grandi masse della produzione degli intermedi necessarie alla riduzione dei costi.

Durante la prima guerra mondiale erano sorte in Piemonte e Lombardia piccole fabbriche di coloranti. La SIPE di Cengio e la Bonelli di Cesano, all’armistizio poterono allargare la gamma ai coloranti di gran consumo. A Ciriè fu fondata nel 1922  la Industria Piemontese dei Colori di Anilina (IPCA) che produceva intermedi chimici e coloranti.

Ma la crisi iniziò presto, quando la Germania (che aveva già avuto pieno dominio sul mercato italiano) riassestata l’industria, riprese in Italia l’introduzione regolare dei suoi coloranti.

Un ruolo importante nell’industria chimica italiana ha svolto la Montecatini. Il primo nucleo del gruppo sorse nel 1888 come Società anonima delle miniere di Montecatini che acquistò la miniera della Val Cecina riaperta da alcuni industriali belgi qualche anno prima. Nel 1913 entra nel campo chimico e a partire dal 1925 riunisce i principali impianti italiani di produzione di coloranti in un unico stabilimento che prese il nome di ACNA, (prima Aziende chimiche nazionali associate, poi Aziende coloranti nazionali ed affini) al quale si aggiunsero successivamente altri impianti di minor importanza.

Lo stabilimento sorge a Cengio (Savona), sul confine tra Piemonte e Liguria. Qui sotto, a destra, l’abitato di Cengio indicato con la lettera A.

ACME di Cengio - da Google Maps

Fin dal 1938 l’azienda viene ritenuta responsabile di gravi danni causati dall’inquinamento. I contadini e i valligiani citano in giudizio l’azienda ripetutamente soprattutto dagli anni 50 del Novecento. Tutta la vicenda è ricostruita nella voce ACNA di Wikipedia.

Agli anni fra il 1969 e i primi anni settanta risalgono altre lotte operaie contro le ammine aromatiche trattate all’ACNA di Cengio, responsabili, oltre che di casi di tumori ai lavoratori, anche di gravi inquinamenti delle acque, durati decenni. Nel 1999, dopo 117 anni di inquinamenti e proteste, lo stabilimento di Cengio è stato chiuso. Attualmente è in corso la bonifica del sito il cui completamento è previsto per il 2012. Un’inchiesta del 2000 della commissione parlamentare sui rifiuti ha messo in luce che probabilmente fanghi dell’ACNA di Cengio sono stati smaltiti nella discarica di Pianura a Napoli per un ammontare di almeno ottocentomila tonnellate.

Un’altra fabbrica di coloranti, la IPCA (Industria Piemontese colori anilina) fondata nel 1922, per anni ha versato i propri reflui inquinanti nella Stura. Agli inizi degli anni 70 sono state denunciate morti di operai e malattie tipiche di intossicazione industriale; una prima denuncia per inquinamento, nel 1972, ha indotto la magistratura ad avviare una inchiesta sulla situazione anche all’interno della fabbrica. Nel processo è stata riconosciuta l’origine industriale di molti decessi per tumori della fabbrica e i proprietari sono stati condannati nel 1977. L’IPCA chiude definitivamente nel 1982.

Ciriè in Wikipedia.

 

Mauro Boscarol

27/3/2009 alle 16:37