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Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

Nella serie Appunti di storia del colore

Maxwell: le funzioni colorimetriche dell’occhio umano


Il triangolo di Maxwell

Nell’articolo del 1860 “On the Theory of Compound Colours, and the Relations of the Colours of the Spectrum” Maxwell riporta i risultati di esperienze sulla classificazione dei colori condotte con un disco rotante nei cinque anni precedenti.

Nonostante Helmholtz l’avesse respinta nel 1852, Maxwell afferma la verità della teoria dei tre recettori di Thomas Young come base biologica della visione dei colori e immagina i tre colori fondamentali di Young come vertici di un triangolo piano che contiene tutti i colori spettrali.

L’idea di Maxwell è che fissando tre colori (che chiama standard) nel diagramma di Newton, usando la regola del baricentro si possono calcolare tutti i colori che sono mescolanze di date quantità dei tre colori standard e quindi si può effettivamente costruire una parte triangolare (da allora detta triangolo di Maxwell) del diagramma di Newton, o, in altre parole costruire una prima approssimazione, triangolare, del cerchio di Newton.

In effetti, nota Maxwell, è possibile anche costruire la parte di diagramma esterna al triangolo. Per far coincidere il baricentro con un punto esterno, uno o più dei pesi dovranno essere negativi. Ciò, sebbene segua da principi matematici, non ha una interpretazione fisica diretta in quanto non è possibile esibire un peso negativo.

Tuttavia Maxwell determina anche i colori all’esterno del diagramma e trova così una forma più precisa del diagramma cromatico, che Newton aveva, in prima approssimazione, disegnato circolare.

Per quanto riguarda i colori standard, sceglie rosso vermiglio, verde smeraldo e blu oltremare.

Immagine:Maxwell.gif
Maxwell è quindi il primo a costruire con misure effettive il diagramma circolare di Newton. Il suo lavoro permette di dare ad ogni colore (all’interno del triangolo) due coordinate basate sui tre colori standard che egli sceglie. La scelta colori standard è tuttavia libera, nel senso che ogni terna di colore va bene (a patto che nessuno dei tre si possa ottenere come mescolanza degli altri due). Si può poi passare con semplici calcoli dalle coordinate di un colore dato in termini di una terna a quelle date in termini di un’altra terna.


Il disco rotante

L’esperimento di Maxwell descritto nell’articolo del 1860 era in realtà la sintesi finale di una serie di esperimenti realizzati dapprima con cerchi colorati ruotanti e successivamente con luci colorate.

Immagine:Max_cerchio.jpg

Nel suo primo lavoro sulla teoria dei colori, nel 1855, perfezionando il disco colorato inventato da Thomas Young, Maxwell mette in luce il fatto, già descritto da Helmholtz, che la mescolanza additiva di colori può avvenire sia con luci che si sovrappongono sia con cerchi a settori colorati che ruotano velocemente. In entrambi i casi i colori “fondono” nella retina dell’occhio. Inoltre stabilisce che tutti i colori dello spettro si possono ottenere sommando proporzioni opportune di tre colori primari (rosso, verde e blu).

Maxwell fa costruire dei cerchi colorati in modo che due o più di essi si possano incastrare tra di loro e il rapporto tra le superficie dei due o più colori possa essere facilmente determinato.

Immagine:Cerchiomax.jpg

Con questo apparato è possibile realizzare le sintesi additive di due o più colori.

A questo punto è possibile cercare di realizzare le diverse sintesi additive dei tre colori standard fissati e confrontarle con un quarto colore realizzato al centro del disco. Si procede così:

Dopo aver posto i dischi di questi tre colori sul piatto circolare del rotatore e i dischi più piccoli di bianco e nero sopra di essi, l’operatore deve mettere in rotazione il piatto e domandare l’opinione dell’osservatore riguardo alla relazione tra l’anello esterno e il cerchio interno. Gli verrà detto, a seconda dei casi, che il cerchio esterno è troppo rosso, troppo blu o troppo verde, e quello interno è troppo chiaro o troppo scuro rispetto a quello esterno. Si procederà quindi a successivi aggiustamenti in modo da rendere il colore risultante del cerchio esterno il più vicino possibile a quello interno … Una volta fatti questi aggiustamenti i colori risultanti del cerchio esterno e di quello interno dovrebbero essere perfettamente indistinguibili quando il piatto ha una velocità di rotazione sufficiente. Il numero di divisioni spaziate dai diversi settori circolari colorati deve allora essere letto sul bordo del piatto ed espresso nella forma di una equazione. I numeri ottenuti da un esperimento con i colori sopra citati eseguito il 6 marzo 1855 alla luce del giorno, senza sole, sono

0.37 R + 0.36 G +0.27 B = 0.28 bianco + 0.72 nero

Maxwell quindi mostra che queste corrispondenze di colore possono essere espresse come “equazioni di colore” che a loro volta possono essere manipolate con coefficienti negativi, come se fossero possibili intensità negative. Queste equazioni permettevano ilocalizzare sul piano qualunque colore, in relazione ad altri tre colori fissati e rappresentati sul piano. In particolare è possibile localizzare i colori spettrali, il che costituisce esclusivamente un problema sperimentale.

Per le misure del 1860 Maxwell invece usa un altro apparecchio di sua invenzione, la scatola dei colori, in cui riesce a mescolare direttamente i raggi colorati ottenuti dalla scomposizione della luce solare mediante prismi.

Maxwell parte scegliendo tre stimoli primari (ben separati nello spettro), tre radiazioni monocromatiche con le seguenti lunghezze d’onda

R = 630.2 nm (rosso) G = 525.1 nm (verde) B = 456.9 nm (blu) e definisce inoltre una opportuna radiazione bianca per definire le unità di misura delle radiazioni primarie. Una unità di rosso, una di verde e una di blu danno il bianco.

In un articolo precedente, Maxwell giustifica la scelta dei tre primari affermando che

se si fosse scelto rosso, blu e giallo, sarebbe stato difficile formare il verde come composizione di blu e giallo, mentre il giallo formato con il rosso vermiglio e il verde smeraldo è abbastanza distinto.

Per ognuna di 13 radiazioni monocromatiche (differenti dalle tre primarie) Maxwell uguaglia una miscela di tale radiazione più il bianco con una miscela di due delle tre radiazioni primarie.

Dalle misure si ottengono 13 equazioni, di cui queste sono le prime due:

44.3 F1 = 18.6 R + 0.4 G + 2.8 B 16.1 F2 = 18.6 R + 5.8 G + 0.1 B

A partire da queste tredici equazioni Maxwell ottiene la prima realizzazione numerica dello spazio del tristimolo fatta su osservazioni sperimentali.
Ricordo che il baricentro di tre pesi r, g e b applicati nei punti R, G e B sta all’interno del triangolo RGB. Per calcolarlo, si può dapprima calcolare il baricentro M dei primi due pesi r e g e quindi il baricentro del peso applicato in M e b.

Alternativamente si può fissare all’interno del triangolo RGB (che Maxwell prende equilatero) un sistema di coordinate triangolari. In questo sistema ogni punto all’interno del triangolo, ha tre coordinate (x, y, z) tali che x+y+z = costante (ed è quindi sufficiente specificarne solo due). Con questo sistema di coordinate, il baricentro di tre pesi r, g e b posti rispettivamente in R, G e B ha coordinate

x = r / (r+g+b) y = g / (r+g+b) z = b / (r+g+b)

Prendendo adesso r parti di rosso, g parti di verde e b parti di blu, il colore risultante è situato in un punto, interno al triangolo (o su uno dei lati) che è il baricentro dei tre pesi r, g e b posti in R, G e B. A questo colore risultante è possibile allora assegnare le coordinate x, y e z, o più semplicemente due di queste, visto che la somma di tutte e tre è costante.


I colori sono vettori

Per introdurre la terza dimensione, finora trattata solo implicitamente mediante i pesi, Maxwell sviluppa l’idea di Grassmann di introdurre i vettori.

Consideriamo il piano in cui sta il triangolo e quindi il diagramma cromatico e stabiliamo che in questo piano le intensità dei colori siano uguali a 1. Prendiamo un punto O, l’origine, al di fuori di questo piano. Una linea che congiunga l’origine con un punto qualunque del triangolo ha la direzione che dipende dalla posizione del colore nel diagramma e dunque possiamo prenderla come rappresentativa del corrispondente colore.

Per indicare la quantità prolunghiamola oltre al piano nello stesso rapporto in cui supera l’unità. Per un altro determinato ammontare di colore viene definito un altro piano parallelo, più vicino all’origine o più lontano. I punti di intersezione di questi piani con un determinato vettore costituiscono un colore, il piano di appartenenza determina la luminosità. Questo vale per tutti i colori all’interno del triangolo, all’esterno di esso e anche sul bordo, colori standard compresi.

Stabilita questa costruzione, la risultante di due colori si può calcolare con la regola del baricentro di Grassmann.

Sia AB una sezione del piano del diagramma, OP e OQ rappresentano colori, la quantità di P è p = OP/OA e di Q è q = OQ/OA. La risultante è rappresentata da C dove AC:CB = q:p e la quantità è p+q così che OR = OC(p+q).

Ogni vettore dunque rappresenta un colore con luminosità che parte da 0 all’origine, è 1 quando interseca il piano e diventa sempre più intenso in proporzione alla distanza dall’origine.

In questo modo ogni colore in natura può essere rappresentato, sia in qualità che in quantità, da qualche punto di questo spazio di colori.

Possiamo esprimere la posizione di ogni punto nello spazio se stabiliamo un insieme di tre assi coordinati. Questo sistema di tre coordinate è un esempio della tridimensionalità del colore, una riformulazione della prima legge di Grassmann.

A questo punto tutto è pronto per determinare la posizione dei colori dello spettro in questo spazio, e quindi relativamente al triangolo di Maxwell e al diagramma di Newton.

 

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Mauro Boscarol

2/1/2011 alle 20:05

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