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Il blog di Mauro Boscarol sulla gestione digitale del colore dal 1998

Nella serie Appunti di storia del colore

Il tricromatismo non dipende dalla luce ma dall’occhio

La soluzione al problema del tricromatismo trovata da Thomas Young (1773-1829), 28enne medico al St George’s Hospital di Londra, a cavallo tra Settecento e Ottocento è questa: il tricromatismo è causato dalla fisiologia del sistema visivo, cioè è causato dall’occhio e non da proprietà della luce.

Ecco come Young spiega la questione nella Bakerian Lecture tenuta alla Royal Society di Londra il 12 novembre 1801.

Newton ha proposto un modello secondo il quale ogni sensazione di colore è dovuta alla mescolanza di colori spettrali e quindi questi ultimi sono i colori “primari”. I colori spettrali sono infiniti ma (come anche allora già si sapeva) l’occhio riesce a distinguerne circa 200. Se ogni colore spettrale richiedesse un proprio tipo di fotorecettore nella retina, che reagisce solo a quella lunghezza d’onda, la retina dovrebbe disporre di infiniti (o almeno duecento) tipi di fotorecettori diversi. Nelle parole di Young

…poiché è quasi impossibile ammettere che ogni punto sensibile della retina possa contenere un numero infinito di particelle, ognuna capace di vibrare in perfetto unisono con ogni possibile ondulazione, diventa necessario ipotizzarne un numero limitato, per esempio, ai tre colori principali, rosso, giallo e blu, le cui frequenze di ondulazione stanno tra di loro quasi esattamente come i numeri 8, 7, e 6; e [diventa necessario ammettere anche] che ognuna di queste particelle possa essere messa in movimento più o meno intensamente da ondulazioni differenti più o meno da quelle corrispondenti all’unisono perfetto; per esempio le ondulazioni della luce verde, che stanno approssimativamente nel rapporto di 6 1/2, influenzeranno ugualmente sia le particelle all’unisono con il giallo che quelle con il blu, e produrranno lo stesso effetto di una luce composta da queste due specie; e ogni filamento sensitivo del nervo potrebbe consistere di tre parti, una per ciascun colore principale.

Young ricerca dunque i tre componenti del colore nella costituzione dell’apparato visivo piuttosto che nell’esterno. Insomma, non esistono colori “primari” ma tre tipi di elementi sensibili al colore nella retina (un anno dopo aver indicato come esempio rosso, giallo e blu, Young indicò rosso, verde e violetto).

E’ questa la prima teoria di visione dei colori, cioè la prima spiegazione del perché vediamo i colori come li vediamo. I modelli di questo tipo hanno a che fare con la struttura dell’apparato visivo, della retina in particolare, e con i meccanismi che stanno dietro la retina e portano impulsi nervosi al cervello, che ne ricava la sensazione di colore.

La qualità di un colore, secondo la teoria di Young, dipende dai rapporti delle intensità delle tre sensazioni e la luminosità dalla loro somma. Un raggio blu per esempio è capace di eccitare sia la sensazione verde che quella violetta e un raggio giallo sia quella rossa che verde.

Secondo Hubel

il lungo intervallo di tempo tra Newton e Young è difficile da spiegare, ma diversi ostacoli devono certamente aver impedito una chiarificazione, come il fatto che il verde si ottiene mescolando le tinte (materiali) giallo e blu

mentre per Gregory

il perno delle polemiche tra le varie teorie per spiegare la visione cromatica è proprio rappresentato dal giallo.


Il modello è un triangolo?

Sulla base della propria teoria Young proponeva allora di modificare il diagramma di Newton, che non doveva più essere un cerchio ma un triangolo, con i tre colori principali ai vertici. Al centro dei tre lati stanno i colori ottenuti dalla mescolanza dei tre principali: giallo (rosso e verde), viola (violetto e rosso), blu (verde e violetto). Al centro del triangolo sta il bianco. Dopo Young, questo metodo di rappresentazione è stato ampiamente usato.

Nel 1817 Young, che era stato incaricato di redigere la voce “Chromatics” per il supplemento dell’Encyclopaedia Britannica tornò sull’argomento, riassumendolo così

Se cerchiamo la più semplice situazione che permette all’occhio di ricevere e discriminare le impressioni delle diverse parti dello spettro, possiamo supporre che solo tre distinte sensazioni siano eccitate dai raggi dei tre principali colori puri su un dato punto della retina, il rosso, il verde ed il violetto; mentre i raggi che stanno in posizione intermedia sono capaci di produrre sensazioni miste, il giallo quelle che appartengono al rosso e al verde e il blu quelle che appartengono al verde e al violetto.

Misurare i colori

La teoria di Young era appunto una teoria, e necessitava di una sperimentazione concreta. A quel tempo non si sapeva nulla sulla eventuale esistenza dei tre diversi recettori della retina, ed occorreva verificare anche quantitativamente l’ipotesi di Young.

Pare che Young non abbia mai effettuato verifiche sperimentali, ma suggerì tuttavia un metodo per farlo. Si tratta del metodo del cerchio colorato rotante, già usato da Tolomeo e che Maxwell quasi novant’anni dopo avrebbe adottato appunto per sperimentare numericamente il principio che Young aveva solo formulato. Sempre nelle parole di Young

Le sensazioni di diversi tipi di luce possono anche essere combinate in una maniera più efficiente dipingendo la superficie di un cerchio con diversi colori in qualunque maniera e ruotandolo con tale rapidità in modo tale che il tutto appaia di un singolo colore…

E’ il principio della sintesi additiva in media temporale: un colore succede all’altro così rapidamente che sulla retina c’è già l’immagine del successivo quando ancora l’immagine del precedente non è svanita. Le due immagini si sovrappongono sulla retina e i colori si mescolano.

Ma prima ancora che Helmholtz verificasse la teoria e Maxwell costruisse quantitativamente il modello matematico, Hermann Grassmann ne dettò gli assiomi.

Opere di Young

1802 Thomas Young “On the Theory of Light and Colours” [Bakerian Lecture, 1801] Philosophical Transactions Royal Society, 92, 1802, 12-48 (PDF scaricabile 9,5 Mbyte)

1814 (attribuito) “Review of Zur Farbenlehre by Johann Wolfgang von Goethe” Quarterly Review (Edinburgh) 10, 427-441 vedi Quarterly Review Archive

1817 “Chromatics” From the Supplement to the Enciclopaedia Britannica ripubblicato in Miscellaneous works of the late Thomas Young vol. 1, 279-342 (riproduzione originale full view Google Books)

Opere su Young
Alexander Wood Thomas Young, Natural Philosopher Cambridge University Press 1954
Heinwig Lang “Trichromatic Theories Before Young” Color research and application 8, 4, 221-231

Riferimenti generali
David H. Hubel Occhio, cervello, visione Zanichelli, 1989
Richard L. Gregory Occhio e cervello Cortina, 1991 (l’originale è del 1966)
Royal Institution of Great Britain
Biografia di Young (in inglese)

Grazie a Marco Piccolino dell’Università di Ferrara per alcune puntualizzazioni sul pensiero di Young e per aver messo a disposizione il PDF della Bakerian Lecture.

La teoria ondulatoria della luce

Il modello corpuscolare, sostenuto da Newton, e che presupponeva l’esistenza dell’etere, godette del favore degli scienziati per tutto il Settecento, fino a che Thomas Young non fece l’esperimento presentato alla seduta della Royal Society del 1800. Si trattava della diffrazione della luce, che si poteva spiegare solo con la teoria ondulatoria e che sembrò stabilire definitivamente il carattere ondulatorio della luce. Young fece anche la prima misura della lunghezza d’onda delle radiazioni luminose.

Solo alla fine dell’Ottocento l’esperimento di Michelson (premio Nobel 1907) e Morley stabilì che la velocità della luce ha un valore assoluto, indipendente dal sistema di riferimento. E da questo Ernst Mach trasse la conclusione che l’etere non esisteva.

Nel giro di pochi anni, tutto si sarebbe chiarito con i lavori di Ernst Planck e Albert Einstein.

 

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Mauro Boscarol

10/10/2010 alle 01:44

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